giovedì 10 marzo 2011

IN UN MONDO MIGLIORE




Sperando che possa davvero diventare, questo, un mondo (sempre) migliore dovreste comunque cominciare il cammino per realizzarlo facendovi un grosso favore: recuperare tutti i film di Susanne Bier.
"Non desiderare la donna d'altri" e "Dopo il matrimonio" sono due opere sorprendenti che non poterete non amare.
E la stessa cosa, ne sono sicuro, vi capiterà vedendo quest'ultimo della Nostra, "In un mondo migliore", Golden Globe e premio Oscar quest'anno come miglior film straniero.
Essendo la Bier danese i suoi film sono sempre strutturalmente freddi e distaccati, come i suoi personaggi, ma hanno una specie di substrato di passione, angoscia, paura, forti sentimenti, che cozza con l'apparente glacialità dello sguardo primario.
E' questo cortocircuito a creare un'alchimia irresistibile nei suoi film: tutto sembra distante ma poi ti attanaglia fortissimamente costringendoti in un'alternanza di emozioni straordinarie che ti trascinano come un vortice verso sorprendenti esplorazioni dell'animo umano.
"In un mondo migliore" (attenzione, il titolo originale in danese è "Vendetta". Vedendo il film capirete) ne è, appunto, l'ennesima conferma.
Un film che (sembra) giochi di sottrazioni invece tende a dilatarsi a bout de souffle, fino all'ultimo respiro, pronto ad esplodere da un momento all'altro.
E' come una corda che sembra tendersi all'infinito senza spezzarsi mai. E lo spettatore è l'equilibrista che cammina su quella corda e che guarda l'orlo del precipizio.
Non vedere un film come questo significa non volersi bene.

Voto: 10

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