giovedì 28 aprile 2011

PORELLO...




Esce in Italia Open, la biografia di Andre Agassi che è stata tanto apprezzata (non solo dal pubblico) nei Paesi che l'hanno pubblicata finora.
A leggere questo stralcio che propone Repubblica si capisce anche il perché.
Sembra interessante.

E poi cita i fumetti...

martedì 26 aprile 2011

IL FIGLIO DI UN GENIO NON PUO' NON ESSERE UN GENIO




Quando Vale mi regalò Il Manuale per Sopravvivere agli Zombie di Max Brooks ricordo benissimo la sensazione di assoluta felicitá che mi attanagliò.
Brooks e Zombie sulla copertina dello stesso libro edito addirittura da Einaudi sommati alla sorpresa generata dal trovarmi un qualcosa di cui non sapevo sorprendentemente l'esistenza era sinceramente troppo anche per me...
Divorai il libro e me lo godei fino all'ultima pagina: è stato probabilmente il testo che ho più propagandato nella mia vita, tant'è che col tempo ho scoperto, non senza un po' di meraviglia, che molte persone da me lontanissime (se non addirittura a me ignote) lo avevano comprato su mio indiretto suggerimento (ah, il potere del passaparola...).

Max Brooks è il figlio di Mel, il regista.
E' un esperto di zombie e con i suoi libri sull'argomento ha avuto molto successo in tutto il mondo.
E questi libri (tra cui il Manuale di cui sopra è l'esempio più famoso), scritti in modo godibile e leggibile, sono originalissimi perché impostati come veri e propri testi scientifici: dei manuali, appunto, che danno per scontata l'esistenza dei morti viventi e ne raccontano le cause e le origini, aiutano a sopravvivere ad eventuali attacchi, ne raccontano le testimonianze (??!!?) storiche, andando a studiare anche reperti di passati remoti che ne provano l'esistenza.
Cercando materiale per un articolo che stavo scrivendo stanotte per Mangaforever (a proposito, era sul primo romanzo di prossima uscita ambientato nel mondo di The Walking Dead...), sono incappato su questa breve intervista al suddetto Brooks.
Io non so che ne pensate, ma secondo me quest'uomo è un genio.
Come il padre.

lunedì 18 aprile 2011

SUGLI EISNER 2011 E DIABOLICI PROGETTI





Una decina di giorni fa sono uscite le nomination per gli Eisner Awards 2011 (potete leggerle qui).
L'idea è questa: leggere tutto quello che è stato candidato (tranne, magari, le storie per bambini...).
Viste le candidature c'è di che divertirsi. E infatti ho già cominciato a leggere qualcosina e subito sono rimasto piacevolmente colpito da una delle storie candidate come miglior miniserie: Baltimore: The Plague Ships, del grande Mike Mignola.
Storia di vampiri ambientata negli anni della Prima Guerra Mondiale si fa leggere molto piacevolmente ed è disegnata benissimo da un "allievo" del Sommo, il bravo Golden che si mostra quasi all'altezza del Mignola (certo, quel quasi può nascondere profondi abissi ma è già qualcosa, visto il confronto...).
Promossa a pieni voti.
Restate sintonizzati per recensioni più dettagliate di questo progetto (un po' folle, lo so, ma tant'è...)

ARIDAJE CO' WALKING DEAD...




Che dire.
Ho finito di leggere tutti i numeri che mi mancavano della serie (ed ora sono esattamente allineato con le uscite americane) e l'opinione rimane la stessa dell'inizio: entusiasta.
Anzi, se possibile, dopo quasi 90 uscite, ancora di più...

Eh si, dai, The Walking Dead è LA serie per eccellenza, la migliore uscita negli ultimi dieci anni senza dubbio.
Il saggio equilibrio che riesce a mantenere Kirkman è impressionante per fantasia e struttura narrativa e complessità dei personaggi.
Rick è veramente un personaggio epocale.

Avrei voglia di raccontarvi un sacco di roba ma non posso, perché una serie così non può essere raccontata: deve essere letta.
Serie che si fa divorare. Non posso più stare senza. Non vedo l'ora che esca il nuovo numero.


Voto: 10

giovedì 7 aprile 2011

PDL + LEGA = INADEGUATEZZA




Da lontano le cose appaiono più chiare.
In questi giorni non fanno altro che allarmarci per gli sbarchi a Lampedusa (e ieri, tra l'altro, è successo quel che è successo): invece di preoccuparsi per questi poveri disgraziati che scappano da guerre o semplicemente da quella che credono essere una situazione di miseria e povertà, però, la paventata preoccupazione è per noi, cittadini italiani, che dobbiamo stare all'erta, in guardia, contro l'invasione dal sud del mondo, noi che siamo l'avamposto della cultura occidentale.
Ma le cose non stanno davvero così.

A leggere un interessante articolo come quello del basco Gorka Larrabeiti su Rebelion, certi numeri che vengono snocciolati fanno riflettere.
Ovviamente vi consiglio di andare a leggere l'articolo (in spagnolo), ma due numeri voglio riportarli anch'io, giusto per chiarire:
437257 persone sono scappate dalla Libia per la guerra. Di queste 217763 sono andate in Tunisia. 174049 in Egitto. Circa 20000 in Italia. Ventimila.
Robetta, scrive giustamente Larrabeiti, se si azzarda un confronto con altri crisi affronatate dal nostro paese in altri tempi, con altri governi: 200000 persone arrivate dal Kosovo, 140000 dalla Serbia e lo stesso numero dalla Somalia durante le tristi recenti guerre che colpirono quelle zone.
Crisi affrontate con forza, coraggio, organizzazione e brillantemente superate.
Sembrano passati mille anni.
Ma è successo l'altro ieri.

"Italia, desde la crisis debida a la “guerra humanitaria” en Kosovo, contaba con aparato legal para afrontar una situación similar. Podían haber concedido protecciones temporales a los prófugos, y se podía haber seguido poniendo en práctica el “modelo Lampedusa” de acogida de migrantes. Sin embargo, ahora ha sido la Liga Norte, que no sólo cuenta con varios ministros en el gobierno italiano sino que resulta fundamental para que Berlusconi mantenga la mayoría parlamentaria, quien dictaba la línea política oficial. Este partido de larga tradición xenófoba no puede abandonar su discurso anti-inmigrantes porque perdería consenso, así que para afrontar esta crisis migratoria ha propuesto ideas tan peligrosas como “ejércitos regionales”, y ha proferido mensajes tan ordinarios contra los migrantes como “foera di ball” (literalmente “fuera de las pelotas”), o “cerrar el grifo y vaciar la piscina”."

Si, è vero.
A volte le cose appaiono più chiare se viste da lontano.

mercoledì 6 aprile 2011

SILVIO FOREVER




Occasione sprecatissima.
Ed ennesima dimostrazione del fatto che Faenza è un mediocre.

Silvio Forever avrebbe potuto essere un gran bel documentario: scritto dagli autori de La Casta (Rizzo e Stella), con un po' di materiale inedito, nelle sale nel momento migliore tra i (numerosi) "magic moments" offertici dal Nostro Comico, aveva tutte le carte in regola per essere accolto trionfalmente.
Invece è una bufala.

Superficiale, noiosetto, montato male, concepito peggio.
Non aggiunge una virgola a tutto quello che tutti noi già sappiamo, per averlo già visto, letto, sentito.

Che poi, quel "noi" si riferisce ovviamente ai soliti noti: i (sembra) 5 milioni di italiani che leggono libri riviste e quotidiani, frequentano le librerie, vanno al cinema e a teatro.
Gli stessi, soliti, 5 milioni.

I coglioni, come pensa Lui.


Voto: 4 1/2

E SE DOVESSI AMMETTERE CHE MI PIACCIONO I FILM ITALIANI?




... forse comincereste a pensar davvero male del sottoscritto?
Che devo dire (a mia difesa)?
Dopo aver elogiato La Vita Facile, mi scappa proprio un altro bel giudizio per quest'altro Nessuno Mi Può Giudicare con la Cortellesi.
Altra roba, sia chiaro (il film con Favino è davvero un ritorno alla commedia italiana di una volta, godibilmente agrodolce nel far ridere a denti stretti sulle nostre immancabili idiosincrasie di italiani "brava gente"), ma tanta roba, dai!

Un filmetto, certo, ma con queste peculiarità non da poco:
1) fa ridere;
2) è intelligente pur essendo assolutamente pop;
3) c'è la Cortellesi;
4) riesce a far sembrare Raul Bova meno imbecille del solito;
5) alcuni cameo sono esilaranti.
Penso tutto ciò possa bastare per promuoverlo in scioltezza.

Comunque, piccola nota a margine: sembra, finalmente, che l'era cinepanettonianadesichianalaurentianaparentiana stia per finire.
L'ultimo Amici Miei è andato maluccio (così come, prima di lui, il natale sudafricano): che la gente, hai visto mai, si sia veramente stufata e cominci davvero a preferire film più intelligenti e, quantomeno, con un minimo di scrittura dietro?
Volesse dio...

Voto: 7

SIGNOR NESSUNO




Rivisitazione del vecchio classico Uomo Invisibile.
Un uomo misteriosamente ricoperto su tutto il corpo di bende come una mummia finisce in uno sperduto e monotono paesino della provincia americana, Large Mouth.
Dopo essersi rintanato in una camera dell'unico alberghetto locale, il tizio (che se ne va in giro conciato in quel modo e oltretutto non è nemmeno particolarmente "comunicativo") comincerà a far parlare di se i paesani.
Solo la giovane sedicenne Vickie, incuriosita dall'uomo bendato, proverà ad instaurare un rapporto con lo straniero, permettendo la nascita di una bella amicizia tra i due.
Ma la situazione sarà destinata a precipitare drammaticamente, non solo per colpa di alcuni abitanti del paesino ma anche per una serie di strani eventi...

Autore emergente del comicon americano (le sue storie, compresa questa, sono pubblicate dalla Vertigo), il canadese Jeff Lemire si sta dimostrando un autore sufficientemente apprezzabile.
Autore completo, si fa decisamente preferire ai testi (alcuni suoi disegni sembrano infatti addirittura dilettanteschi), ma non mi sembra ancora davvero maturo per un mercato così importante come quello delle graphic novel.
Ciononostante, sembra essere il suo momento: già candidato ad un Eisner Award, ha vinto comunque diversi premi e la sua ultima opera (Sweet Tooth, tuttora in corso negli USA) sembra stia avendo un discreto successo.
Proprio Sweet Tooth, curiosa storia di freaks pubblicata sempre da Vertigo, sta modestamente catturando la mia attenzione in questi giorni: la sto seguendo senza particolari emozioni ma devo comunque ammettere che si tratta di un'opera quantomeno abbastanza coraggiosa nella sua stranezza (ne scriverò sicuramente una volta terminata) e sicuramente migliore di questo Uomo Invisibile contemporaneo, leggera metafora sulla paura, i sensi di colpa, il rapporto con gli Altri.
Dai, niente di che.


Voto: 6

martedì 5 aprile 2011

THE WALKING DEAD




Giusto perché ho molto tempo a disposizione (...), mi sono messo a rileggere The Walking Dead.
Da capo.
In inglese.
Sono giusto arrivato lì dove mi ero fermato prima che trasmettessero il pilot della serie della Fox (quindi intorno al trentesimo albo originale) e, manco a dirlo, nonostante conosca bene la storia, la lettura rimane clamorosamente avvincente.
E' la struttura portante che rende The Walking Dead un gran fumetto: i personaggi sono tutti ben definiti, complicati, strutturati (appunto).
Non succede mai niente di particolarmente originale o entusiasmante o sorprendente in TWD (anche se ogni albetto offre un'ultima splash-page con un piccolo colpo di scena che fa venire tanta tanta voglia di leggere l'episodio successivo...), ma è il "come" a rendere la storia entusiasmante.
Gli zombie rimangono lì, sullo sfondo, presenza costante dell'incubo quotidiano ma anche penosamente sofferenti (forse è per questo, constata uno dei personaggi, che si lamentano di continuo).
E il mondo è cambiato, è arrivata l'apocalisse, ma l'uomo si adatta alle circostanze e continua a vivere, nonostante tutto.

Una seconda lettura permette sempre di approfondire particolari che erano un po' sfuggiti la prima volta.
E in un'opera come TWD servirebbe un saggio per provare a snocciolarli tutti.
Due cose, però, mi hanno fatto riflettere: Rick è un personaggio incredibile, difficile, bellissimo: quando fa a cazzotti con Tyreese e gli sputa addosso tutto quello che si era tenuto dentro fino a quel momento vorresti abbracciarlo.
Altra cosa: tra i disegni di Tony Moore e quelli di Charlie Adlard c'è un abisso. Quelli del primo sono assolutamente migliori.
Ma poi ci si abitua al tratto e si apprezza anche il "normale" Adlard: TWD è un grande fumetto anche per questo.

No, ragazzi, fatevi un favore: recuperate questo fumetto e leggetevelo. Se vi siete avvicinati all'universo TWD solo tramite la serie (un po' così, diciamolo, e non a caso con una linea narrativa molto lontana da quella originale della graphic novel) non lasciatevi depistare e fidatevi di me, vi prego.
The Walking Dead è fantastico. Tutta un'altra cosa.

A presto per gli aggiornamenti (con voto finale che, per ora, rimane ovviamente un 9 pieno): sono usciti ad oggi 84 numeri.
Continuando con questo ritmo per questo fine settimana li ho letti tutti.

venerdì 1 aprile 2011

TERRE LONTANE




Ecco, un autore che mi piace molto è Luiz Eduardo de Oliveira, detto Leo.
Questo brasiliano, autore di bande dessinée molto conosciuto in Francia (e tradotto qui da noi sia dai tipi dell'Eura che dalla Planeta), è dotato di una fantasia sorprendente.
Quella, per capirci, che stuzzica la nostra immaginazione e sazia in qualche modo i nostri appetiti fantascientifici.
Un autore, quindi, un po' d'altri tempi.
Non un gran sceneggiatore, obiettivamente, ma un discreto disegnatore, vicino per gusto e sensibilità alla ligne claire d'oltralpe.
Di lui si conoscono soprattutto i tre cicli di Aldebaran, Betelgeuse e Antares, storie fantascientifiche piene zeppe di elementi fantasiosissimi ambientate in pianeta lontani e misteriosi.
Grazie al suo tratto definito, sintetico ed efficace Leo riesce ogni volta a catapultarti in un'alterità godibile e divertente (e a volte, perché no, persino inquietante...).
Non conoscevo invece questa sua (recente) collaborazione con il disegnatore Icar, "Terres Lointanes", uscito in Francia grazie a Dargaud a partire dal marzo del 2009 (fin'ora tre volumi, l'ultimo dei quali è dell'ottobre 2010).
Un fumetto che vede Leo "solo" alla sceneggiatura non catturava di certo la mia attenzione in maniera particolare, soprattutto perché Icar, a differenza del brasiliano, ha un tratto più sporco, duro.
Naturalmente i due hanno smentito le mie pessimistiche aspettative.

Terre Lointanes narra l'odissea del giovane Paul, sbarcato con la mamma e la sorellina sul remoto pianeta Altair 3, lontano angolo di galassia abitato da gente poco raccomandabile.
Il padre non si presenta all'appuntamento all'aeroporto e, da quel momento, Paul non riesce a darsi pace inseguendolo per il pianeta, aiutato da vari personaggi che incontra durante i suoi avventurosi spostamenti.
Storia leggerina, è vero, ma zeppa dei soliti coup de theatre alla Leo, qui coadiuvato da un magnifico (davvero, senza esagerazioni) Icar, che si mette umilmente al servizio della fantasia dell'autore sudamericano: i due insieme riescono a realizzare una bella storia che magari non ha pretese altissime ma nel contempo riesce senza problemi a divertire e appassionare.
Ce ne fossero, di fumetti così...

Aspetto il quarto volume e consiglio, per ora, la lettura a tutti di questi tre, anche se non esiste (per ora) la traduzione italiana.

Voto: 8